lunedì 7 maggio 2018

In bilico tra fluidità ed esibizionismo

In quest'ultimo periodo sui social e non solo sta sempre più prendendo piede l'idea che nell' Ashtanga Yoga più si vada in verticale nei passaggi, più si faccia sfoggio delle proprie doti "aeree" più la pratica sia avanzata o addirittura corretta. Questo però crea un equivoco.
Non è la ricerca esasperata al controllo che rende un praticante avanzato, ma la sua capacità di mantenere sempre un respiro lungo e profondo indipendentemente da ciò che fa il corpo.
In una fase avanzata di pratica lo sforzo fisico viene completamente superato perché non si usano più i muscoli ma si sfrutta il circolo interno di prana per rimanere in posture faticose senza produrre tensione. Ma lo si applica nelle serie avanzate dove sono previsti movimenti e asana di quel tipo. Se si guardano con attenzione molti dei video in circolazione ci si accorge che la maggior parte dei praticanti usa la forza e non il prana per eseguire tali movimenti (c'è tensione nel corpo e nel respiro e le braccia tremano). Per ogni cosa c'è il suo tempo. Le serie dell'Ashtanga Yoga sono strutturate proprio per portare il praticante ad arrivare a fare asana molto faticose pur rimanendo nel respiro profondo e senza produrre stress fisico. Verticali applicate nella prima serie o peggio nei saluti al sole non esistono nella tradizione.
Quindi tutti questi eccessivi gesti atletici ricadono appunto nella ginnastica e non nella pratica Yoga. 
Il confine tra fluidità ed esibizionismo non è poi così sottile...
Partiamo dal presupposto che una pratica corretta preveda il rispetto del giusto numero di vinyasa.
ll fatto di andare in verticale nei saluti al sole prima di andare in chaturanga dandasana per esempio, non solo non rispetta il conteggio tradizionale, ma non contribuisce minimamente ad aumentare la fluidità della pratica.
Da un punto di vista muscolare, crea uno sforzo e una pressione che alla lunga contribuiscono ad irrigidire le spalle e la parte alta della schiena. Da un punto di vista energetico poi, blocca completamente il libero fluire del prana, cosa che invece in un saluto al sole fatto senza elementi che non esistono nella tradizione non avviene.
Questa tendenza a perseguire sempre di più la performance nella pratica purtroppo sta contribuendo ad inserire degli elementi che con la tradizione, il benessere e il giusto fluire del prana, non hanno nulla a che vedere.
Una pratica non può essere considerata avanzata solo per il numero di volte in cui si va in verticale o per quante uscite spettacolari dalle asana si è in grado di fare. L'intento delle uscite e delle entrate dalle posizioni è quello di mantenere una fluidità costante che non crei picchi energetici, ma consenta un sempre più uniforme e costante passaggio di prana nei canali energetici. 
Purtroppo molti praticanti, influenzati dai vari video che circolano in rete, pensano di avere una pratica da principianti solo perché magari non riescono ad andare in verticale in alcune uscite. La fluidità della pratica però è legata al respiro e non alle contaminazioni circensi che non hanno molto a che fare con lo Yoga. 
La pratica non dovrebbe essere una vetrina nella quale esporre le nostre qualità ginniche ma un percorso introspettivo che pian piano ci porti ad esplorare parti sempre più profonde di noi stessi. La forza, il controllo, la scioltezza fisica sono solo degli effetti collaterali e non l'obbiettivo da perseguire a tutti i costi...




2 commenti:

  1. Condivido a pieno quanto scrivi, e credo questo valga non solo per la pratica di ashtanga yoga ma in verità per molti altri stili di yoga.

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    1. Si, sono d'accordo. Forse nell'Ashtanga è solo più facile, se non si sta attenti, diventare ossessionati dalla "performance" rispetto ad altri stili. Ma ovviamente il principio è applicabile a qualsiasi altro tipo di Yoga.🙏

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