mercoledì 14 giugno 2017

Mente razionale o abbandono?

Quando si pratica Ashtanga Yoga si può farlo seguendo la mente, quindi la parte razionale che prevede un' evoluzione lineare nel corso del tempo. Se si sceglie questa strada saremo soggetti alle leggi che la governano.
Si pratica giorno dopo giorno e si avrà un progresso che rispetterà tutte le principali leggi di questo tipo di evoluzione.
Siamo all'interno del tempo e dello spazio. Tutto è legato ai nostri schemi mentali "rigidi". Ogni muscolo, tendine articolazione sarà soggetto ai nostri pensieri e di conseguenza dove ci sarà un blocco verrà sciolto attraverso un processo "razionale" del tipo:
Ho un' anca bloccata. Pratico ogni giorno e ogni giorno lavoro sulla rigidità fino a quando si sbloccherà.
L'attenzione è tutta sul movimento fisico. Si studierà l'anatomia per capire ancora meglio (sempre attraverso la ragione) perché il movimento è limitato.
Di conseguenza la nostra pratica sarà iper tecnica, cercando l'allineamento perfetto su ogni Asana. L'accento sarà messo all'esterno...
Così attraverso anche esercizi di varia natura padroneggeremo il corpo, ogni suo movimento ma sempre portando la mente razionale in ogni percezione fisica e non.
Questo tipo di approccio ci farà percepire una minima parte di tutto il potenziale di questa pratica. L'aspetto energetico non sarà quasi preso in considerazione e tutto si muoverà attraverso la forza, i muscoli e l'esercizio. Il nostro corpo si scioglierà ma saremo comunque legati a degli schemi rigidi di ragionamento e di regole da essi derivate.
Oppure possiamo scegliere di non seguire più i ragionamenti, abbandonandosi totalmente. All'inizio solo al respiro, restando in ascolto di tutte le sensazioni che ci possano arrivare senza interferenze razionali, senza metterci del nostro. Si ascolta il silenzio mentale del respiro e si pratica. Si entra in un flusso in cui non siamo più noi ad essere i "possessori"della nostra pratica. Ci si affida, smettendo di elaborare ogni movimento, ogni pratica, ogni emozione attraverso la mente. Quando la mente è sedata si cominciano a percepire le varie energie che scorrono in noi, imparando a gestirle sostituendole alla forza muscolare. La pratica diventa così una danza fluida senza sforzo.
Così facendo si impara l'arte dell'abbandono che dal respiro passerà, a seconda le persone e il proprio cammino, ad una divinità, ad un flusso di energia, all'Assoluto o più in generale a qualsiasi cosa a cui ci si possa completamente abbandonare, affidandole la nostra pratica.
Da quel momento cambia tutto. Non siamo più sul piano fisico quindi si esce dalle leggi che lo governano. L'evoluzione non sarà più lineare. Tempo e spazio saranno liberi di fluire senza schemi. Quindi si potranno sbloccare da un giorno ad un altro nodi che magari sul piano razionale impiegherebbero anni a farlo. Questo perché nel momento che abbandoniamo la mente e la sua limitata capacità, smettiamo di bloccare il naturale evolversi delle cose. Non essendo più noi al centro della pratica, permettiamo ad essa di non avere limiti. Qui si percepisce  tutto il potenziale di questa pratica. Imparando ad abbandonarsi si impara l'arte del non fare. E spesso se si impara a "stare fermi" anche quando ci si muove... tutto arriva.
Saremo in grado di adattarci a qualsiasi situazione o imprevisto perché, privi di schemi rigidi, saremo capaci ogni volta di rimodellare il nostro percorso. Oltre alla flessibilità fisica si avrà acquisito una libertà mentale tale da sentirsi veramente in equilibrio. L'accento sarà messo all'interno.