Spesso pensiamo che il nostro cammino debba essere per forza il risultato di complicate "formule matematiche" in cui perdersi nel tentativo di risolverle o arrendersi ad esse perché convinti che non ci sia soluzione...
Soprattutto in certi ambienti, l' austerità, la rinuncia, il seguire rigide regole scritte da qualcun altro in altri periodi storici, ci da l'illusione di evolvere da un punto di vista spirituale.
Ma in realtà stiamo solo seguendo uno schema che spesso ci allontana ancora di più dal vero sentire... A volte ci creiamo una campana di false credenze dalla quale sputare giudizi e sentenze su chi non fa il nostro stesso percorso, sentendoci superiori a tutto e tutti, solo perché magari sappiamo qualche mantra a memoria o leggiamo testi sacri. Ma questo non ci rende spirituali ma solo intellettuali. In più la campana ci impedisce di coltivare l'empatia. La percezione della spiritualità può arrivare nei modi più impensabili e di certo non segue schemi rigidi razionali del tipo non puoi fare questo o quello, non puoi, non puoi, non puoi... Tutte queste negazioni creano vibrazioni dissonanti che ci allontanano dalla centratura. L'importante è non diventare schiavi delle nostre azioni e pensieri. Vedo molto più equilibrio nel concedersi un caffè o una birra ogni tanto rilassandosi, che vivere mangiando ghee... poi ovviamente ogni scelta è soggettiva ma se questa scelta impone il doversi troppo forzare per mantenerla, si sta creando rigidità invece di fluidità.
Anche nello Yoga tutte le regole e precetti non dovrebbero essere seguiti solo perché ce lo ha detto qualcuno o lo abbiamo letto. Cosa pensiamo noi veramente? Cosa sentiamo vibrare alla nostra stessa frequenza e cosa invece percepiamo come "stonato"? Questo ci dovremmo chiedere. Altrimenti si rischia di diventare semplici esecutori. In realtà siamo ciò che crediamo di essere... e sopratutto ciò che crediamo influenzi la nostra realtà crea la nostra proiezione di essa. Abbiamo la possibilità di camminare fuori dagli schemi fluendo in armonia con il nostro essere. Non esiste una realtà uguale per tutti. Ognuno ogni giorno coltiva la propria. Ma il problema è che la coltiviamo con i semi del passato o pensiamo già ai frutti del futuro. In questo ci perdiamo la vera illuminazione... il presente, il qui e ora. Mi accorgo che spesso si passa la vita seguendo complicate religioni, percorsi spirituali, manuali esoterici che invece di renderci la vita semplice e fluida ce la riempiono di regole, restrizioni, schemi rigidi che ci fanno scordare la nostra naturale tendenza all'ascolto. Anche nella pratica, mai come in questo periodo, mi sto accorgendo che quando si sale sul tappetino non si è mai nel presente: o si è ancorati al passato, concentrandosi sui vecchi blocchi o difficoltà, cercando di rimuoverli o superarli o si è proiettati nel futuro, pensando a come dovrebbe essere eseguita l'asana. E il presente? Il presente non viene mai percepito. Saliamo sul tappetino già come libri finiti con tanto di copertina (spesso rigida) che ci appesantisce. Per tutta la pratica rileggiamo il nostro cammino rimanendo ingabbiati in esso o cercando di rincorrere il futuro, che sarà ma che ancora non è. E invece dovremmo essere dei semplici fogli bianchi pronti ad accogliere le asana come se fossero pennellate di inchiostro che disegnano e modellano il nostro presente. Se riuscissimo a fare veramente questo ci accorgeremmo che molti blocchi, molte paure, molti limiti li creiamo ogni volta noi identificandoci con una vecchia idea di noi stessi. Se praticassimo solo rimanendo in ascolto, creando spazio tra passato e futuro, il presente riuscirebbe a manifestarsi con una presenza e intensità tale quasi da spiazzarci. Mentre pratichiamo, perdere la percezione dei confini del corpo staccando la mente, ci permette di assaporare tutte le connessioni e vibrazioni che ci avvolgono, ricreando quell'unione con il Tutto che spesso scordiamo. Ci rifugiamo ognuno sul proprio tappetino, inalzando barriere di invidia e gelosia o indifferenza che però, a prescindere da che serie si stia facendo, crea divisione.
Riuscire a perdere i confini del finito (corpo, mente, volontà e tempo) nel presente per riunire il nostro respiro all'Infinito universale senza tempo è uno dei modi per percepire la nostra natura divina mentre pratichiamo. A volte è "semplicemente" rimanendo in ascolto che si scopre chi siamo veramente...